Riportiamo l’intervento del Segretario del PD di Collegno Michele Mellace, tenuto in occasione del convegno per l’intitolazione della Sala Nilde Iotti alla Fondazione Bendini di Collegno venerdì 29 maggio 2015.

Mi è particolarmente gradito ricordare qui a Collegno oggi Nilde Iotti.
Il mio breve intervento si compone di due parti: nella prima, che spero utile per chi di noi è più giovane, ricordo qualche avvenimento della sua biografia; nella secondo poi leggerò alcuni testi, che consentono dalla sua viva voce di coglierne almeno in parte lo spessore.
Nilde Iotti, all’anagrafe Leonilde Jotti, nacque a Reggio nell’Emilia il 10 aprile 1920 e morì a Poli, vicino Roma, il 4 dicembre 1999. Della sua vita, racchiusa nel Novecento, e dei suoi tanti avvenimenti, ci è noto soprattutto che fu la prima donna eletta il 20 giugno 1979 a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei Deputati: occupò lo scranno più alto di Montecitorio per tre legislature, dal 1979 al 1992, per 13 anni. Questo fu il riconoscimento di una lunga battaglia di donne, che durava da un secolo, e fu un avvenimento di grandissima importanza.
Rimasta orfana del padre, ferroviere e sindacalista socialista, si laurea in lettere all’Università Cattolica di Milano. Dopo l’8 settembre 1943 si iscrive al PCI e partecipa alla Resistenza, svolgendo inizialmente la funzione di porta-ordini, aderendo poi ai Gruppi di Difesa della Donna. Nel 1946 viene candidata dal Partito Comunista Italiano e viene eletta all’Assemblea Costituente: fu una delle 4 donne della Commissione dei 75 incaricata della stesura della Costituzione. Siede tra i banchi di Montecitorio ininterrottamente sino al 1999. È ora sepolta vicino a Palmiro Togliatti presso il Cimitero del Verano di Roma.
Nel 1946 inizia a Roma una relazione con il Segretario Nazionale del PCI, Palmiro Togliatti, che avrà termine solo con la morte di lui nel 1964. Il loro legame diviene pubblico in occasione dell’attentato a Togliatti del 18 luglio 1948. Togliatti lascia per lei moglie e figlio, decisione che fu dura da accettare per i militanti del PCI. Convivono e insieme chiedono e ottengono l’affiliazione di una bambina, Marisa Malagoli, sorella minore di una dei sei operai uccisi in uno scontro con le forze dell’ordine il 9 gennaio 1950, a Modena, nel corso di una manifestazione operaia. Il PCI fu sempre a difesa della famiglia da Gramsci in poi, che veniva intesa come valore morale. Questa convivenza politicamente sarà pagata dalla Iotti: ad esempio la Federazione di Reggio Emilia ne ostacola la candidatura come deputata, imposta poi dalla Segreteria Nazionale.
Dopo la morte di Togliatti nel 1964 inizia la seconda fase di Iotti, le cui battaglie si concentrano sui diritti delle donne e sulla riforma della società. È lei ad aprire in Parlamento il dossier divorzio, visto come conquista civile, che 4 anni dopo, nel 1970, alla Camera prenderà la forma della legge Fortuna-Baslini. Fino ad arrivare al referendum abrogativo nel maggio 1974, dove vince il no con il 59,1 %. Va precisato che Nilde Iotti non intendeva il divorzio come una forza disgregante della famiglia. Nel PCI è dirigente e membro della Direzione del Partito, negli stessi anni di Napolitano, al quale è molto legata.
La Iotti è alla base nel 1975 di un importante accordo tra le cattoliche e le comuniste: la legge sul nuovo diritto di famiglia. Tra le altre cose, essa prevede la parità dei coniugi, anche nella tutela dei figli, l’abolizione della patria potestà, l’abrogazione dell’istituto della dote e la comunione dei beni.
Invece la sua posizione sull’aborto – ricordiamo la legge italiana del 1978 e il referendum del maggio 1981 – si è caratterizzata in questo modo: occorre sì depenalizzare l’aborto, ma ciò non significa trasformarlo in un diritto.
Un altro tratto della Iotti è la sua straordinaria capacità politica di tenere insieme la fermezza degli ideali e il loro aggiornamento di fronte all’evoluzione della società, la fedeltà alla Costituzione e la capacità di riformare. Fu inizialmente molto vicina al PCI di Togliatti. Quando però nel 1972 Berlinguer diventa segretario, in questo PCI che cambia c’è una forte sintonia e intesa tra i due, in particolare sull’eurocomunismo e sulla questione morale. Nel 1989, poi, con il crollo del muro di Berlino e con la svolta di Occhetto della Bolognina – il 3 febbraio 1991 il PCI si scioglie nel PDS, e in quell’occasione nasce anche Rifondazione Comunista –, Nilde Iotti appoggia pienamente Occhetto.
Nel 1992 è candidata alla Presidenza della Repubblica, ma le viene preferito Scalfaro, e in questa vicenda sicuramente quel particolare momento storico ha avuto molto peso.
Il 29 gennaio 1998 è l’ultima volta che prende la parola alla Camera. La Iotti è una figura molto attuale: basti ricordare che nel 1979 era contro il bicameralismo perfetto, pensava che occorresse un vero Senato federale con una incisiva presenza delle Regioni, e che fosse necessaria una riduzione del numero di parlamentari.

Per conoscere maggiormente il pensiero e l’azione politica di Nilde Iotti ricordo il volume Nilde. Parole e scritti 1955-1998, con una lettera di Giorgio Napolitano, a cura del Comitato per la costituzione della Fondazione Nilde Iotti. Oggi la Fondazione Nilde Iotti è presieduta dalla qui presente Livia Turco. Nel libro sono raccolti alcuni discorsi su varie iniziative, quali l’assicurazione per le donne di casa, il divorzio, la riforma del diritto di famiglia, l’elezione diretta del sindaco, alcune norme contro la violenza sessuale, la revisione della seconda parte della Costituzione.
Riporto due passi molto attuali di Nilde Iotti. Il primo riguarda l’Europa e i suoi princìpi, ed è tratto dal Discorso di apertura della conferenza dei parlamentari della Comunità europea (Roma, 27-30 novembre 1990):
“La questione dell’Unione europea è direttamente connessa, coincide direi con quella della realizzazione a livello comunitario di una forma democratica di governo, secondo i princìpi, le regole e i valori che ispirano le nostre democrazie nazionali e che rischiano di subire un’involuzione grave se non si riforma la struttura istituzionale della Comunità. Noi vogliamo l’Unione europea non certo per tornare indietro dai livelli di democrazia che abbiamo raggiunto, ma perché offra nuove e grandi vie di sviluppo civile, sociale e politico, apra nuove frontiere di rinnovamento e di crescita, oggi non consentite negli spazi diventati angusti degli Stati nazionali, stretti da troppi vincoli che ne limitano nei fatti la sovranità” (p. 73).
E ancora: “Un vero potere europeo non può certo nascere solo dalla cooperazione intergovernativa, ma deve fondarsi sui princìpi qualificanti e irrinunciabili della partecipazione popolare e della trasparenza, princìpi che si realizzano attraverso i poteri legislativi e di controllo propri di ogni Parlamento” (p. 74).

Il secondo passo è tratto da Cambiare i tempi di vita, testo ricordato nella locandina del nostro convegno:
“Ecco allora la necessità di affermare – questa è la grande novità – una nuova concezione del tempo:
• una concezione che sconfigga un modello di organizzazione del lavoro che non lascia spazio alla vita che pure è – deve essere – anche studio, svago, solidarietà sociale, impegno politico e civile;
• una concezione che restituisca alla famiglia il carattere di centro di affetti e di solidarietà;
• una concezione che sconfigga un modello delle città in cui le ore perdute nel traffico, la mancanza di spazi e strutture in cui vivere il tempo libero, l’accavallarsi delle scadenze sono tutti elementi che rendono spesso a donne e uomini estremamente faticoso decidere dei momenti della loro vita e di quella dei loro figli” (pp. 77-78).

Infine segnalo “La lettera del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano indirizzata al Comitato per la Costituzione della Fondazione Nilde Iotti” posta a inizio del volume; Napolitano fu infatti molto vicino a Nilde Iotti, della quale ha curato la Prefazione a tutti i discorsi parlamentari. In un passo della lettera Napolitano ricorda quando la conobbe:

“In quei giorni di privata vicinanza, e in quelli che più a lungo di nuovo trascorsi con lei e col suo compagno nell’autunno del 1950, ebbi modo di scoprire le sue qualità umane, l’autenticità del suo tratto e del suo modo di atteggiarsi e, tra l’altro, la straordinaria intensità del calore materno che manifestava verso la piccola Marisa, divenuta appunto, nel 1950, sua figlia adottiva. Ricordo, e posso dire, che era una donna radiosa” (pp. 5-6).

E continua con un passo fondamentale con cui concludo: egli scrive che Nilde Iotti, oltre che “madre della nostra Repubblica” va ricordata “nello stesso tempo donna come le altre. In fondo, per le ragazze che oggi sentano nascere nel proprio animo il senso della politica e la voglia di fare politica – e mi auguro che siano molte e sempre di più, perché l’Italia ne ha drammaticamente bisogno – è bene che l’immagine della politica, e della donna in politica, anche una volta assurta ai più alti livelli di responsabilità e di autorità, non appaia in alcun modo paludata né chiusa in quel ruolo, coprendo i suoi tratti umani più intimi e profondi. La politica, anche per chi vi si dedichi a pieno tempo, anche per chi possa farne – come un tempo si diceva e accadeva – una “scelta di vita” non può mai diventare un’ossessione totalizzante né imprigionare la persona in una corazza. Ecco, ho visto così nei decenni – al di là delle affinità politiche e delle comuni battaglie che ci hanno legato, e attraverso i rapporti affettuosi che poi abbracciarono anche mia moglie Clio e il mio più giovane figlio Giulio – Nilde Iotti, grande figura politica dell’Italia repubblicana, grande punto di riferimento per gli ideali e per le conquiste delle donne, sempre persona, sempre donna, umanamente libera e ricca” (p. 6).

www.fondazionenildeiotti.it

 

 

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