Il 9 luglio il Consiglio Comunale ha approvato la salvaguardia degli equilibri e l’assestamento che rappresentano due sessioni portanti nel percorso volto ad assicurare il pareggio di bilancio. L’obbligo di pareggio garantisce che l’ente comunale non spenda di più di quanto ha sua disposizione (e che, quindi, le spese non siano maggiori delle entrate), e allo stesso modo obbliga il Comune a programmare interamente come intende disporre delle risorse a sua disposizione.

Semplificando molto, si può dire che il legislatore abbia voluto garantire che non si finanziassero spese a lungo termine (investimenti) con entrate di carattere annuale. Queste ultime sono invece a disposizione delle spese di funzionamento e di erogazione dei servizi.

In sintesi il funzionamento del patto di stabilità interno può essere semplificato dicendo che nel bilancio annuale del Comune, entrate e uscite devono essere perfettamente pari.

Ed eventuali quattrini non spesi – es. per banali ritardi nella consegna di lavori e opere – benché ancora nelle casse comunali non possono essere aggiunti alle entrate dell’anno successivo, ma devono essere obbligatoriamente accantonati e resi intoccabili.

Succede, pertanto, che le pubbliche amministrazioni abbiano della disponibilità economica che, di fatto, è “congelata” dal patto di stabilità necessario all’Italia per rispettare i vincoli che si è assunta in Europa nel 1997.

Da qui scaturisce il rischio che imprenditori fornitori di servizi e lavori agli enti locali, si vedano i pagamenti bloccati e che gli stessi enti vedano costretti a compiere una scelta: non pagare le imprese o non offrire ai cittadini dei servizi, talvolta imprescindibili e assolutamente necessari (come la raccolta dei rifiuti o la sistemazione del manto stradale). Il patto di stabilità, i cui obiettivi sono pienamente condivisibili, può apparire iniquo e ingiusto. Vero è che sono i singoli Stati a decidere come raggiungere gli obiettivi imposti (ma anche sottoscritti) dalla Ue e l’Italia ha deciso di seguire la strada del “congelamento” delle disponibilità finanziarie degli enti locali. Stante la situazione economica italiana, però, i margini di manovra sono assai limitati. L’allentamento mirato degli obblighi del patto di stabilità permetterebbe, però, agli enti locali “virtuosi” di variare la propria capacità di spesa, liberando così capitali che darebbero impulso e respiro all’economia locale.

Collegno ha più volta dimostrato di essere “virtuoso”, con potenzialità che si potrebbero meglio sfruttare per investimenti volti alla cura del territorio e all’erogazione dei servizi. Nel contempo l’approvazione del bilancio di previsione a marzo ha portato già importanti ricadute positive sul territorio e cito a titolo di mero esempio i 500.000 euro stanziati per asfaltature.

L’economia italiana sta riemergendo, ma la ripresa è ancora fragile e servono tutto l’aiuto e tutta la stabilità possibile. Si tratta, io credo, di cercare un nuovo equilibrio che pur stante l’importanza di perseguire politiche di riduzione degli sprechi e di controllo delle spese inutili, allenti le “maglie” e consenta alle amministrazioni “virtuose” la possibilità di utilizzare risorse per dare impulso all’economia.

 

Isabella Beraudo