12 giugno 2015: tappa significativa per la Clinica della Memoria a Collegno. Un grande sogno per accogliere e curare i malati di Alzheimer, ma anche di altre forme di demenza, che è divenuto un impegnativo progetto. Un progetto che ha trovato negli anni sempre più consenso, energie e finanziamenti per diventare una realtà, con il contributo fondamentale iniziale della famiglia Agnelli e poi di alcune Fondazioni bancarie. L’auspicio ragionevole, oggi, è che la Clinica della Memoria di Collegno possa venire finalmente completata ed aprire i battenti entro il 2016, affidata alla gestione sanitaria dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, detto “dei Fatebenefratelli”, ente ecclesiastico che opera in Piemonte già da tempo nel presidio di San Maurizio Canavese (TO) nel campo della cura di persone affette da disturbi mentali, psichici, in accordo con i programmi stabiliti con l’assessorato alla Sanità della Regione Piemonte.

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Al convegno “La Malattia di Alzheimer e la Clinica della Memoria di Collegno”, promosso dalla Fondazione San Secondo per la ricerca sull’Alzheimer e dalla Fondazione Giorgio Amendola, presso la Sala Viglione a Palazzo Lascaris a Torino, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, si è espressa una forte volontà da ogni parte amministrativa per percorrere “l’ultimo miglio” rimasto. La Regione Piemonte, nelle parole del Presidente del Consiglio Regionale Laus e dell’assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta, ha espresso pieno favore e tutto il sostegno possibile per il rapido completamento di ciò che manca per l’avvio della Clinica come struttura di cura, con le caratteristiche necessarie per rientrare a tutti gli effetti nella rete assistenziale integrata auspicata nel Piano nazionale demenze e costituire per la Regione uno strumento innovativo d’intervento sulla malattia. Ci vorrà più tempo invece per avviare anche la struttura di ricerca.

Il Sindaco di Collegno, Francesco Casciano, ha espresso la grande attesa della Città di Collegno che è pronta, sia come amministrazione, sia come cittadini abitanti del quartiere dove la Clinica è situata (zona Campo Volo), per sostenere nei modi più opportuni tutte le attività della struttura. Collegno ha un tessuto sociale (terzo settore) molto ricco in grado di operare in sinergia a servizio da subito e con interventi di qualità.

La Clinica è stata progettata e realizzata prevedendo spazi sia per la ricerca legata alle patologie “della memoria” (Alzheimer, ma anche vari tipi di demenze, per lo più senili), sia soprattutto per la cura, l’assistenza, l’accompagnamento delle persone affette e delle loro famiglie. Potrà rispondere alle necessità del territorio di Collegno, ma anche di tutta la Zona Ovest e della città di Torino (un grande territorio ancora sguarnito per strutture di questo tipo). Tutti gli interventi del convegno a Palazzo Lascaris hanno sottolineato come questo bisogno socio-sanitario sia critico ed elevato. La prevalenza della malattia di Alzheimer e delle diverse forme di demenze è alta oggi più che mai, soprattutto in rapporto all’elevata durata della vita (ed è maggiore tanto più è elevata l’età, arrivando a colpire per l’Alzheimer fino al 30% della popolazione ultraottantenne, una quota di popolazione che è destinata ad aumentare nei prossimi decenni!). In Piemonte si calcola (per stime più che per studi esatti data la difficoltà ancora non superata di una diagnosi e presa in carico completa di queste patologie, parzialmente sottostimate) che tra gli over 65 (oltre 1,3 milioni) siano colpiti da varie forme di demenza circa 77.000 cittadini, di cui circa 40-42.000 affetti da Alzheimer. Il carico di queste patologie è oggi di fatto assolutamente sbilanciato sulle famiglie che “si ammalano” insieme al parente colpito poiché devono reggere il peso grave di una situazione complessa sia materialmente (spese) che psicologicamente. Queste famiglie vanno sostenute e sollevate: un compito in carico anche e soprattutto al sistema territoriale socio-sanitario, da potenziare perché l’assistenza territoriale non resti residuale rispetto ad un’organizzazione incentrata “sull’ospedale”. Tra i punti deboli del sistema un numero di centri di appoggio (diurni) ancora insufficiente ed i tempi di risposta delle cosiddette UVA (Unità di Valutazione Alzheimer) in alcuni distretti, oltre alla nota carenza di risorse pubbliche.

La qualità del progetto della Clinica della Memoria realizzata è stata illustrata mettendo in evidenza le specifiche dotazioni studiate apposta per i bisogni delle persone affette da demenza senile o Alzheimer. Infatti tutti i lavoratori (medici, infermieri, operatori socio-sanitari, educatori, terapisti, psicologi…), i famigliari e infine i volontari di Associazioni dedicate all’Alzheimer e alle demenze, potranno operare in una struttura completa non solo di ciò che occorre per l’assistenza e la cura dell’anziano in genere con i suoi bisogni e le sue patologie diverse (associate ai disturbi “della memoria” o da questi favorite). Negli spazi di vita delle persone ospitate, oltre ad un primo livello di sicurezza standard (comune a tutte le strutture sanitarie), la Clinica offrirà un secondo sistema di sicurezza ed aiuto specifico con accorgimenti e comfort particolari come sistemi automatici di apertura e chiusura porte delle stanze con bracciale personale del paziente invece delle chiavi, o sistemi automatici di illuminazione notturna della camera e del bagno attivabile semplicemente in seguito al movimento del paziente che scende dal letto e altri ancora. Inoltre è stato previsto un terzo livello di sicurezza che diventa terapeutico, poiché gli spazi di vita delle persone affette sono stati progettati in modo che siano utilizzabili tenendo proprio conto dei comportamenti tipici dell’Alzheimer (i vagabondaggi, le camminate afinalistiche), cioè con percorsi ampi, senza costrizioni evidenti ed arricchiti da tanti stimoli sensori di ogni tipo per la qualità della vita e per sostenere la memoria residua. Ad esempio stimoli visivi (studio dei colori e delle immagini degli ambienti, ambienti all’aperto con vegetazioni), stimoli uditivi (musica diffusa, strutture che trasmettono vibrazioni anche agli audiolesi come pavimenti di legno), stimoli olfattivi (profumo dei fiori, profumo diffuso della cucina, dei cibi). La Clinica sarà dotata anche di una cappella come ambiente accessibile dai pazienti che vi potranno ritrovare stimoli di natura spirituale, capaci di ridurre agitazione e aggressività laddove esista una pratica religiosa precedente all’esordio della malattia come evidenziato dalle esperienze cliniche. Questo spazio sarà un ponte con l’esterno, poiché la cappella sarà accessibile anche dal pubblico creando un’occasione di interazione con la popolazione e il territorio circostante. La terapia di queste patologie, è sempre più ribadito, non è e non deve essere solo farmacologica!

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Dai tanti contributi autorevoli e approfonditi della mattinata, in ambito psicologico e scientifico, è emerso un aspetto che merita di essere sottolineato e tenuto in conto riguardo a prevenzione, per la sua valenza sociale forte e particolarmente in carico ad una amministrazione locale. Gli studi hanno infatti collegato un minor numero di anni di istruzione formale (bassa scolarità), con un aumento del rischio di insorgenza del morbo di Alzheimer e di altre forme di demenza. Non è chiaro il motivo di questa associazione, ma alcuni scienziati ritengono che più anni di istruzione formale possano contribuire ad aumentare le connessioni tra i neuroni, permettendo al cervello di utilizzare percorsi alternativi di comunicazione neurone-neurone, quando si verificano cambiamenti patologici. Inoltre anche il mantenimento di un allenamento cerebrale in età avanzata (anziana) permette una protezione allo sviluppo della patologia. Questo indica quindi che la cura dell’istruzione prima (dei bambini, dei ragazzi e dei giovani…lotta alla dispersione, obbligo scolastico) e, poi, che la cura della cultura in tutte le fasi della vita, mantenendo in particolare una buona attività sociale ed una vita culturale attiva anche nell’età della pensione, sono significativi elementi da promuovere a scopo sociale, ma anche sanitario.

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